Calabria da gustare

La cucina calabrese

In un ambiente ricco di tradizioni popolari e di folklore, che costituiscono una delle peculiarità maggiori della Calabria, tra il verde lussureggiante dei monti e l'azzurro del mare, è emersa, in tutta la sua originalità e policromia, una alimentazione che risente delle tante culture passate in regione nel corso dei secoli e prevalgono, così, le combinazioni di aromi, sapori, colori, odori messi a punto e calibrati in secoli di storia con esiti originali, nei quali la cultura mediterranea è sempre presente.
La produzione alimentare della Calabria costituisce una quota importante e peculiare dell’agro-alimentare storico dell'Italia, specie per talune produzioni pregiate: ortive, frutticole, agrumicole ed olivicole, della vivaistica avanzata, di altre essenze arboree come il cedro, il bergamotto e il gelsomino, senza escludere quelle di origine animale.
Questa è la migliore Calabria arrivata in tavola, con gli elementi più importanti della “Piramide dei cibi sani”: pane e prodotti da forno in genere, pasta fresca, ortaggi, olio, vini e liquori regionali, dolciumi, conserve, formaggi e salumi, prodotti conservati sott’olio, miele, fichi, cipolle, la filiera del frutto di castagna e quella derivata dai prodotti di attività marinare con tonno, sardine e novellame di pesce azzurro. Insomma, uno scrigno di delizie rare, un tesoro unico di salute e sapori.
La triade originaria giunta dal Medio-Oriente, prima della Magna Grecia, era costituita da frumento, olio e vino, accompagnati da erbe spontanee, da legumi e da frutta.
E' la cultura alimentare molto partecipata, nata tra antichi riti e rappresentazioni religiose, retaggio delle case, delle famiglie e dei villaggi, che hanno fatto arrivare fino a noi l’antica tradizione della salsa di pesce (garum), della bottarga, della conserva vegetale, degli arrosti caprini, dei dolci al miele di marca orientale, di cui parleranno più tardi Archestrato, Apicio e Columella. È calabrese l’uso medievale del mosto, delle spezie, delle erbe aromatiche, quali ingredienti di una cucina che non aveva ancora ricevuto i vegetali del nuovo mondo (peperone, pomodoro, patata, mais).
Nel corso dei secoli, in Calabria, la cultura e vecchi riti alimentari, sono stati preservati e sono giunti fino a noi integri ed, infatti,  ancora oggi in famiglia si lavorano i cereali per produrre pane e pasta, quasi sempre con grano duro (tagghiaredi, fusiddi, fileja, cavateddi, sciabateddi, maccaruni al ferretto) e poi le minestre preparate con pesce, legumi, verdure e ortaggi freschi, di cui sono famose quelle di fagioli, quelle di verdure dei campi e quelle abbinate con le cotiche e i ciccioli del maiale.
Famosi sono anche gli insaccati, sempre di produzione familiare: salsicce e soppressate, la ‘nduja, preparata con le parti grasse del maiale e con l'aggiunta di abbondante peperoncino, sia dolce che piccante, la ‘nciervellata (insaccato di polmoni di maiale), il capocollo, il buccularo.
Tra i formaggi eccellono il Caciocavallo podolico, la Provola silana, il Pecorino del Monte Poro, il Pecorino crotonese, il Canestrato, la Juncata, la Ricotta, sia fresca che affumicata, il Butirro, la Felciata e il Cacioricotta. 
Tra i prodotti della terra vanno ricordati anche i funghi porcini della Sila e delle Serre, le olive variamente lavorate con aromi diversi, gli oli prodotti con le cultivar tipiche della Sibaritide, del Lametino, delle colline del Mesima, della piana di Gioia Tauro, della costa ionica reggina, ed i vini, sia bianchi che rossi, che in Calabria hanno una storia millenaria, ad iniziare dal Cirò rosso, dal Bivongi, dal Palizzi, dal Lamezia, dal Savuto, per finire con il Greco di Bianco, straordinario vino passito che è prodotto, nel comune omonimo, in provincia di Reggio Calabria, sin dai tempi della Magna Grecia.
Della tradizione fanno parte le conserve di ortaggi sott’olio, sott’aceto e sotto sale (peperoni, pomodori, melanzane), ma chi la fa da padrone da quasi mezzo millennio è il peperoncino che, a partire dal XVI secolo, è entrato con forza nei piatti e nella preparazione alimentare, diventando il punto di orgoglio e di originalità dell’agroalimentare e della cucina regionale calabrese.
I dolci, essendo di origine antica, si distinguono per la semplicità di preparazione, come, ad esempio, i fichi secchi farciti di uva o mandorle, e qualche volta ricoperti di cioccolata, oppure i torroni, molto diffusi nel vibonese (Serra San Bruno, Soriano Calabro) e nel reggino (Bagnara Calabra, Delianuova, Taurianova), i mostaccioli, i cuddhuraci, le nacatole, la pignolata, le susumelle, i petrali, la pitta 'mpigliata, o ancora i gelati, tra cui bisogna neccessariamente ricordare il "tartufo di Pizzo", gelato artigianale mantecato alla nocciola ed al cioccolato, con un nucleo fondente di cacao che ha la caratteristica di sciogliersi per primo, in modo tale da formare una gustosissima goccia fuoriuscente, mentre la superficie esterna è spolverata con cacao in polvere.
La scarsità della produzione agricola, dovuta alla caratteristiche morfologiche del territorio regionale, ha da sempre spinto i calabresi a cercare nel mare la parte complementare agli alimenti di terra, e così sono diverse le varietà ittiche entrate a pieno titolo nelle preparazioni culinarie della regione, e tra queste spiccano il pesce spada, catturato tra Scilla e la Marina di Palmi, e il tonno, pescato nel Tirreno, tra Tropea e Pizzo ed esportato in tutto il mondo.
In conclusione, si può tranquillamente affermare che non esiste alimento calabrese che non sia coerente con la storia della regione, crocevia di popoli e terra di passaggio tra Oriente e Occidente e che anche in cucina si conservano tracce evidenti dei tanti dominatori che sono passati sulle sue terre.

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In un ambiente ricco di tradizioni popolari e di folklore, che costituiscono una delle peculiarità maggiori della Calabria, tra il verde lussureggiante dei monti e l'azzurro del mare, è emersa, in tutta la sua originalità e policromia, una alimentazione che risente delle tante culture passate in regione nel corso dei secoli e prevalgono, così, le combinazioni di aromi, sapori, colori, odori messi a punto e calibrati in secoli di storia con esiti originali, nei quali la cultura mediterranea è sempre presente.
La produzione alimentare della Calabria costituisce una quota importante e peculiare dell’agro-alimentare storico dell'Italia, specie per talune produzioni pregiate: ortive, frutticole, agrumicole ed olivicole, della vivaistica avanzata, di altre essenze arboree come il cedro, il bergamotto e il gelsomino, senza escludere quelle di origine animale.
Questa è la migliore Calabria arrivata in tavola, con gli elementi più importanti della “Piramide dei cibi sani”: pane e prodotti da forno in genere, pasta fresca, ortaggi, olio, vini e liquori regionali, dolciumi, conserve, formaggi e salumi, prodotti conservati sott’olio, miele, fichi, cipolle, la filiera del frutto di castagna e quella derivata dai prodotti di attività marinare con tonno, sardine e novellame di pesce azzurro. Insomma, uno scrigno di delizie rare, un tesoro unico di salute e sapori.
La triade originaria giunta dal Medio-Oriente, prima della Magna Grecia, era costituita da frumento, olio e vino, accompagnati da erbe spontanee, da legumi e da frutta.
E' la cultura alimentare molto partecipata, nata tra antichi riti e rappresentazioni religiose, retaggio delle case, delle famiglie e dei villaggi, che hanno fatto arrivare fino a noi l’antica tradizione della salsa di pesce (garum), della bottarga, della conserva vegetale, degli arrosti caprini, dei dolci al miele di marca orientale, di cui parleranno più tardi Archestrato, Apicio e Columella. È calabrese l’uso medievale del mosto, delle spezie, delle erbe aromatiche, quali ingredienti di una cucina che non aveva ancora ricevuto i vegetali del nuovo mondo (peperone, pomodoro, patata, mais).
Nel corso dei secoli, in Calabria, la cultura e vecchi riti alimentari, sono stati preservati e sono giunti fino a noi integri ed, infatti,  ancora oggi in famiglia si lavorano i cereali per produrre pane e pasta, quasi sempre con grano duro (tagghiaredi, fusiddi, fileja, cavateddi, sciabateddi, maccaruni al ferretto) e poi le minestre preparate con pesce, legumi, verdure e ortaggi freschi, di cui sono famose quelle di fagioli, quelle di verdure dei campi e quelle abbinate con le cotiche e i ciccioli del maiale.
Famosi sono anche gli insaccati, sempre di produzione familiare: salsicce e soppressate, la ‘nduja, preparata con le parti grasse del maiale e con l'aggiunta di abbondante peperoncino, sia dolce che piccante, la ‘nciervellata (insaccato di polmoni di maiale), il capocollo, il buccularo.
Tra i formaggi eccellono il Caciocavallo podolico, la Provola silana, il Pecorino del Monte Poro, il Pecorino crotonese, il Canestrato, la Juncata, la Ricotta, sia fresca che affumicata, il Butirro, la Felciata e il Cacioricotta. 
Tra i prodotti della terra vanno ricordati anche i funghi porcini della Sila e delle Serre, le olive variamente lavorate con aromi diversi, gli oli prodotti con le cultivar tipiche della Sibaritide, del Lametino, delle colline del Mesima, della piana di Gioia Tauro, della costa ionica reggina, ed i vini, sia bianchi che rossi, che in Calabria hanno una storia millenaria, ad iniziare dal Cirò rosso, dal Bivongi, dal Palizzi, dal Lamezia, dal Savuto, per finire con il Greco di Bianco, straordinario vino passito che è prodotto, nel comune omonimo, in provincia di Reggio Calabria, sin dai tempi della Magna Grecia.
Della tradizione fanno parte le conserve di ortaggi sott’olio, sott’aceto e sotto sale (peperoni, pomodori, melanzane), ma chi la fa da padrone da quasi mezzo millennio è il peperoncino che, a partire dal XVI secolo, è entrato con forza nei piatti e nella preparazione alimentare, diventando il punto di orgoglio e di originalità dell’agroalimentare e della cucina regionale calabrese.
I dolci, essendo di origine antica, si distinguono per la semplicità di preparazione, come, ad esempio, i fichi secchi farciti di uva o mandorle, e qualche volta ricoperti di cioccolata, oppure i torroni, molto diffusi nel vibonese (Serra San Bruno, Soriano Calabro) e nel reggino (Bagnara Calabra, Delianuova, Taurianova), i mostaccioli, i cuddhuraci, le nacatole, la pignolata, le susumelle, i petrali, la pitta 'mpigliata, o ancora i gelati, tra cui bisogna neccessariamente ricordare il "tartufo di Pizzo", gelato artigianale mantecato alla nocciola ed al cioccolato, con un nucleo fondente di cacao che ha la caratteristica di sciogliersi per primo, in modo tale da formare una gustosissima goccia fuoriuscente, mentre la superficie esterna è spolverata con cacao in polvere.
La scarsità della produzione agricola, dovuta alla caratteristiche morfologiche del territorio regionale, ha da sempre spinto i calabresi a cercare nel mare la parte complementare agli alimenti di terra, e così sono diverse le varietà ittiche entrate a pieno titolo nelle preparazioni culinarie della regione, e tra queste spiccano il pesce spada, catturato tra Scilla e la Marina di Palmi, e il tonno, pescato nel Tirreno, tra Tropea e Pizzo ed esportato in tutto il mondo.
In conclusione, si può tranquillamente affermare che non esiste alimento calabrese che non sia coerente con la storia della regione, crocevia di popoli e terra di passaggio tra Oriente e Occidente e che anche in cucina si conservano tracce evidenti dei tanti dominatori che sono passati sulle sue terre.



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